Con l’inaugurazione della linea Liverpool – Manchester si
concluse quindi la preistoria della ferrovia. Nel 1835 il Parlamento autorizzò
l’investimento di 15 milioni di sterline per la costruzione di ferrovie, più di
quanto si era speso per tutti i canali messi insieme. Nonostante le crisi del 1837
– 1841 e 1847 – 1849, la crescita della strada ferrata non si fermò e in meno
di 20 anni vennero messe in esercizio le linee principali dell’Inghilterra.
Solo gli Stati Uniti avevano maggiore chilometraggio, ma le loro ferrovie erano
state costruite velocemente e con poca tecnica tanto che erano utilizzati ancora
impiegati i binari di legno. L’uso del legno assicurava un basso costo su
chilometro ma gli incidenti erano maggiori, i tempi di percorrenza si
allungavano e c’erano altissimi costi di manutenzione.
In breve tempo in Inghilterra vennero creati 50.000 posti di
lavoro permanenti ai quali andavano aggiunti tutti quegli ingegneri e fornitori
che spingevano alla creazione di nuovi collegamenti. Quando i treni raggiunsero
le 50 Miglia/h (80,5 km/h) si incominciarono a studiare sistemi per controllare
il traffico e da qui nacque la necessità di introdurre l’uso del telegrafo. Dal
1840 iniziò anche un processo di fusione tra le società delle linee satelliti
fino ad arrivare ai cosiddetti “re delle ferrovie”. A rallentare questa
tendenza in Inghilterra fu l’uso in alcune regioni dello scartamento allargato.
Lo scartamento è il termine tecnico con cui viene indicata in ambito
ferroviario la distanza tra i binari: in Inghilterra la maggior parte delle
linee era stata costruita adottando lo scartamento normale, una minima parte
invece venne impiegato lo scartamento allargato. La diversa distanza dei binari
rese impossibile a due società con scartamenti diversi la fusione non senza gli
adeguati lavori di trasformazione, ma ben presto il parlamento con una legge
del 1846 impose la costruzione di ferrovie con il solo scartamento normale. Nel
frattempo ll telegrafo elettrico assunse un’ importanza straordinaria nella
gestione della rete tanto che il governo ne acquisì il controllo per limitare i
poteri dei re delle ferrovie. In tale ambito è da citare il Belgio che fu il
primo paese del continente europeo ad avere ferrovie costruite e controllate
completamente dallo stato. Per finanziare tali infrastrutture in parte furono
emesse obbligazioni e in parte si fece
affidamento ai capitali inglesi. All’inizio la rete ferroviaria non diede
grandi profitti, anche perché bisognava saldare il debito nei confronti dei
britannici, ma le sue tariffe contenute furono apprezzate dalla popolazione:
per la prima volta la strada ferrata era considerata un servizio pubblico. L’esempio
belga venne ripreso anche in Germania dove lo stato con la crisi del 1847 – 1850
ebbe occasione di acquistare azioni ferroviarie a basso costo dai privati. La
collaborazione finanziaria con gli inglesi venne ripetuta anche in Italia dove
Pio IX fece costruire la rete dello stato Pontificio: nel 1856 entrò in
esercizio la prima linea Roma – Frascati,seguita poi dalla Roma – Velletri e
dalla Roma - Civitavecchia. Dopo otto anni ed un tunnel nei pressi di Ciampino,
i venti chilometri del tracciato erano pronti. Una sola cosa però era sbagliata
in questa opera pubblica: la posizione delle stazioni. A Frascati il capolinea
venne realizzato ad alcuni chilometri dal centro abitato nella
località Campitelli, mentre a Roma fu posto al di fuori dalle mura, presso
Porta Maggiore, allora periferia. Per questi motivi venne ironicamente chiamata
dai romani: “la ferrovia che non parte da Roma e non arriva a Frascati”. In
generale la costruzione delle ferrovie non venne accolta favorevolmente dall’opinione
pubblica: c’era chi credeva che le ruote una volta avviate fossero impossibili
da fermare, essendo lisce e con poco attrito. Inoltre la lotta tra i possessori
di canali e i magnati ferroviari fu molto aspra. I piroscafi ormai conservavano
il primato solo per il trasporto di merci
ingombranti e in quei paesi con una favorevole idrografia come l’Olanda. Ci furono faide, attentati e lotte aspre nei parlamenti finché gli ulteriori progressi tecnologici non infusero nuova vita nei battelli a pale: l’invenzione dell’elica permise ai piroscafi di ritagliarsi definitivamente il loro posto nel mondo trasporti. La propulsione ad elica rese obsoleto il veliero, permise anche l’aumento di tonnellaggio delle navi e una maggiore efficienza delle stesse. La costruzione però era ancora imperfetta: i nuovi piroscafi venivano concepiti, con mentalità che guardava al passato, come navi di legno rivestite di ferro: solo dal 1869 i piroscafi vennero costruiti interamente di metallo. I cosiddetti clipper riuscirono per la prima volta ad attraversare l’Atlantico nel tempo record di 12 giorni e venivano a costare fino al 15% rispetto agli obsoleti velieri. La costruzione di queste navi rivoluzionò completamente l’organizzazione dei cantieri navali e dei porti che dovettero essere adattati per ospitare questi giganti del mare. E, con l’aumento di velocità, si dovette presto integrare al trasporto marino il telegrafo elettrico sottomarino, prima utilizzato solo nei mari stretti e poi esteso dall’Europa all’America con il Great Eastern Cable. Anche in ambito navale gli anglosassoni conservarono il primato e un virtuale monopolio.
[...To be continued...]
ingombranti e in quei paesi con una favorevole idrografia come l’Olanda. Ci furono faide, attentati e lotte aspre nei parlamenti finché gli ulteriori progressi tecnologici non infusero nuova vita nei battelli a pale: l’invenzione dell’elica permise ai piroscafi di ritagliarsi definitivamente il loro posto nel mondo trasporti. La propulsione ad elica rese obsoleto il veliero, permise anche l’aumento di tonnellaggio delle navi e una maggiore efficienza delle stesse. La costruzione però era ancora imperfetta: i nuovi piroscafi venivano concepiti, con mentalità che guardava al passato, come navi di legno rivestite di ferro: solo dal 1869 i piroscafi vennero costruiti interamente di metallo. I cosiddetti clipper riuscirono per la prima volta ad attraversare l’Atlantico nel tempo record di 12 giorni e venivano a costare fino al 15% rispetto agli obsoleti velieri. La costruzione di queste navi rivoluzionò completamente l’organizzazione dei cantieri navali e dei porti che dovettero essere adattati per ospitare questi giganti del mare. E, con l’aumento di velocità, si dovette presto integrare al trasporto marino il telegrafo elettrico sottomarino, prima utilizzato solo nei mari stretti e poi esteso dall’Europa all’America con il Great Eastern Cable. Anche in ambito navale gli anglosassoni conservarono il primato e un virtuale monopolio.
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