Sebbene siano passati diversi mesi e il progetto della
Roma-Giardinetti sia ormai ufficialmente a scartamento ordinario (
mancano infatti pochi giorni alla pubblicazione dei decreti approvativi), ho ritenuto interessante
dedicare, in un’ottica di trasparenza e correttezza dell’informazione, un focus
su una domanda:
l’adozione dello scartamento ordinario fu un’imposizione del
Ministero Infrastrutture e Trasporti o una scelta?
Per rispondere adeguatamente a questa domanda occorre
tornare indietro al 24 ottobre scorso quando, dopo più di dieci mesi
dall’inizio dell’istruttoria del progetto (che era stato presentato
il 31
dicembre 2018), la Direzione Generale del Dipartimento Trasporti, Navigazione,
Affari Generali e Personale del MIT con una comunicazione a Roma Capitale
richiedeva maggiori dettagli circa:
- La scelta progettuale dello scartamento ridotto
che impediva, come noto, la connessione al resto della rete tramviaria;
- La mancata eliminazione del tratto a binario
compenetrato Porta Maggiore-Ponte Casilino che riduceva potenzialmente la
frequenza della linea;
- Lo stato della procedura del passaggio della
proprietà dalla Regione Lazio al Comune di Roma.
A tale richiesta il Comune rispose con un’ampia
documentazione, cui riportiamo la parte di interesse sullo scartamento
ordinario, ribadendo che «la possibilità di avere un servizio indipendente
(con un proprio deposito) dal resto della rete tranviaria unitamente a un
robusto profilo di domanda offre la possibilità di indagare scenari di progetto
di finanza per ulteriori prolungamenti da Tor Vergata al polo scientifico
Enea-CNR di Vermicino-Frascati e lo sviluppo della stessa linea H». Inoltre
il Comune sollevava che «in questo quadro la modifica dello scartamento ha
la priorità più bassa perché ininfluente sia sulla offerta in sé che
sull’efficienza del servizio: piuttosto l’eventuale instradamento sulla
direttrice tramviaria Prenestina e l’anello di Porta Maggiore impone un
cadenzamento minimo di 7,5’ con una riduzione dell’offerta al 63% della domanda
dell’ora di punta proveniente dalla direttrice Casilina».
Scorrendo il documento si legge ancora che, a seguito di una
stima dei costi, da 163 milioni di euro il progetto sarebbe passato, con una
soluzione a scartamento ordinario, ad un costo compreso tra 176 e 186 milioni
di euro.
In ultimo si legge: «Fatte salvo le osservazioni
economiche e gestionali pocanzi espresse, qualora si rendano disponibili le
risorse integrative rispetto alla richiesta consegnata l’Amministrazione
provvederà a proseguire la progettazione prevedendo in prima fase la
sostituzione dell’armamento con scartamento a 1.445 mm anziché il preesistente
950 mm».
In sintesi il Comune ha difeso strenuamente il
mantenimento dello scartamento ridotto, aprendo tuttavia ad uno scenario a
scartamento ordinario per mostrare gli extracosti che questo avrebbe apportato.
Da IlTempo.it
Altresì fu
lo stesso assessore Calabrese a ribadire giorni dopo che
«la nostra istanza è stata accolta, con una “prescrizione”
(scartamento da ridotto a ordinario). Stiamo lavorando a queste piccole
modifiche ed entro il 30 aprile di quest’anno le consegneremo al ministero che
stanzierà i fondi.»
Il 6 aprile scorso il progetto è stato effettivamente
finanziato,
come annunciato da Calabrese:
«Dopo un anno il Ministero ha
accolto la nostra istanza con una prescrizione, modificare la linea da
scartamento ridotto a ordinario. Lo abbiamo fatto e consegnato con quasi un
mese di anticipo rispetto alla scadenza del 30 aprile. Abbiamo rivisto l’armamento
della linea, così come richiesto dal Mit: si tratta in sostanza di un
allargamento dei binari e di una modifica della forma delle rotaie.»
Come andò effettivamente la questione è contenuto nel
riscontro fornito dalla Direzione Generale del MIT che rilevò che: «[…] l’intervento
è migliorabile con la modifica infrastrutturale che prevede l’adozione di un
diverso scartamento compatibile con il resto della rete tranviaria […]»
«[…] Sulla base di quanto già trasmesso con la citata nota 41871 del 05.11.2019, nelle more della registrazione presso gli organi di controllo del Decreto sopra citato nonché della successiva pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, si comunica fin da ora che tali integrazioni dovranno riguardare l’adeguamento completo del progetto di fattibilità dal punto di vista tecnico ed economico, alla luce della nuova soluzione progettuale proposta; codesta Amministrazione avrà cura di verificare la congruità della documentazione integrativa con i dati precedentemente forniti e, se del caso, rivedere anche gli elaborati originariamente trasmessi in considerazione delle integrazioni istruttorie.[…]»
Non dunque una imposizione nel senso proprio della
parola: il MIT esercitò nei confronti del Comune di Roma il soft power dell’avere in mano i finanziamenti per ammodernare la linea, decidendo autonomamente che la
modifica strutturale a scartamento ordinario fosse un miglioramento del
progetto.
È quindi naturale che questa imposizione, sebbene non fosse
formale, sia divenuta fattuale. Occorre ricordare infatti, come già ribadito in
questa sede, che questi 180 milioni messi a disposizione dal MIT rappresentano
l’unica e ultima possibilità per salvare la ferrovia di via Casilina.
Risulta pertanto inutile rimuginare su cosa sarebbe potuto succedere se il Comune, dopo più di un anno di contrattazione col MIT, si fosse
impuntato ancora una volta sullo scartamento ridotto. L’attuale progetto
Termini-Centocelle-Giardinetti-Tor Vergata soddisfa tutti i punti che la
cittadinanza ha sempre richiesto: mantenimento integrale della sede tramviaria,
alta velocità di servizio, mezzi moderni, accessibili e capaci.
Guardare indietro non serve a nulla, ora bisogna spingere
affinché la carta diventi realtà, pena la chiusura definitiva della linea e la sua sostituzione con autobus.
Nel frattempo ci auguriamo che questo
articolo sia servito a tutti per fare chiarezza.