venerdì 21 luglio 2017

Perché le funivie sono un’ottima idea che Roma sta distruggendo

Purtroppo per noi, come spesso accade nella città di Roma, quelle che in potenza sono delle ottime idee vengono declinate spesso in malo modo, a causa sopratutto di un’ingerenza ingiustificata della politica nei confronti degli ambiti tecnici. Invece che dettare le linee guida dell’amministrazione, come dovrebbe essere, la politica ben pensa di proporre opere specifiche e di imporre agli uffici tecnici di ricercare in qualche modo la fattibilità di queste idee. Un caso tipico di questo è la funivia Casalotti-Battistini, un intervento che in realtà nasce nel 2012 per mano del comitato Casalotti libera ma che arriva agli onori della cronaca solo con l’elezione di Virginia Raggi a Sindaco di Roma che, vuoi per i forti rapporti tra la sindaca ed il comitato, vuoi perché l’opera risiederebbe nel municipio della sindaca, ha fatto di quello specifico progetto di funivia il suo cavallo di battaglia. 

Portare come idea una funivia in sé non è un errore, anzi, le funivie urbane quando ben progettate sono ottimi sistemi, ma la funivia Casalotti-Battistini è un esempio lampante di come scegliere l’opera sbagliata per il posto sbagliato e per questo progettarla anche peggio. Una funivia, ad esempio, è un sistema di trasporto “vettoriale” (ovverosia in linea retta) non perché chi costruisce le funivie non abbia mai pensato di progettarne con le curve, bensì per una ragione legata al vento che quando trasversale, anche a basse velocità, impone limitazioni all’esercizio a fune e quando si propone una linea spezzata, come ovvio, la probabilità di subire l’azione di un vento trasversale aumenta poiché aumentano le direzioni trasversali alla funivia. Ne è un esempio palese la funivia Dantercepies della Val Gardena, costruita nel 2013 in sostituzione di una funivia precedente demolita a causa di una frana. La nuova funivia, al contrario della vecchia, curva di circa 90° poco oltre i 3/5 del tracciato e quindi la suddetta funivia, pur essendo tecnologicamente più avanzata della precedente, tende a fermarsi più spesso della vecchia poiché più spesso espone il fianco al vento trasversale. Se prima infatti le trasversali alla funivia erano solo 2, con la curva sono diventate 4. Pensate solo a quante trasversali possibili esistono in una linea lunga 4km spezzata con angoli di diversa ampiezza come nel caso della Casalotti-Battistini. 
La funivia di Dantercepies
Inoltre le funivie hanno una bassa velocità commerciale (media), non superiore ai 13 km/h, che per assurdo renderebbe la funivia Casalotti-Battistini più lenta di autobus presenti nella stessa zona come lo 025, lo 027, lo 031, il 905 od il 998 che in ora di punta superano tutti la velocità media di 13km/h. Viene da chiedersi, a questo punto, se non sia più conveniente cercare di aumentare la velocità commerciale di questi mezzi attraverso preferenziali, piuttosto che spendere 90 milioni per un’altra infrastruttura di eguale velocità e minore offerta e che comunque non sostituisce una metro e neanche gli autobus a fronte di una scarsa capillarità che non è giustificabile con l’attrattività del servizio, comunque bassa.
Infine la questione più annosa: come al solito si propone un servizio che non risponde alla domanda, creando, come ormai da prassi a Roma, l’ennesimo servizio strutturalmente inefficiente proposto come fantomatica “alternativa” più economica alla metropolitana, si ricordi l’intervento dei corridoi filoviari che non ha mostrato né tempi più rapidi di costruzione di una metro e tantomeno minori sprechi, anzi. Lasciano l’amaro in bocca, poi, le rassicurazioni di Stefàno, presidente della commissione mobilità, che ripeteva “nessuno vuole sostituire metro con tram o funivie” vista poi la assurda affermazione presente sulla bozza del PUMS che afferma che la funivia “di fatto è alternativa alla realizzazione del previsto prolungamento della linea A della metropolitana, ma pur garantendo una adeguata offerta trasportistica ha costi nettamente più bassi”.

Rimangono poi diversi problemi irrisolti, nodi che verranno al pettine più avanti nella progettazione: la demolizione delle cupole, un importante centro sportivo del quartiere di Primavalle; la rottura di carico di Battistini con una distanza tra la funivia e la metro di oltre 300 metri; la manutenzione, per cui non esiste un servizio interno che abbia competenze in funivie e tanto altro che potrà essere risolto bene o male ma che comunque soffrirà di una cattiva impostazione di base. 

Lo stesso discorso è da ritenersi valido per i sistemi tipo “People Mover”, di fatto funicolari con un nome accattivante, che sono un sempreverde delle ipotesi “alternative” proposte a vari livelli dal Comune. Ci riferiamo al “People Mover” proposto come prolungamento della Metro B1, un’ipotesi non a caso inizialmente scartata dall’Assessore Meleo che inizialmente proponeva una metro leggera per un ragionamento apprezzabile di coerenza infrastrutturale con la metro leggera del viadotto dei presidenti, ma dato che era un’idea con una qualche logica evidentemente non poteva essere portata avanti. 

Tuttavia, noi riteniamo che le funivie urbane siano comunque degli ottimi mezzi di trasporto qualora proposti dove logico, ovverosia in presenza di particolari morfologie del terreno, di brevi distanze, e con una domanda non superiore ai limiti tecnici degli impianti. Abbiamo immaginato, quindi, tre interventi possibili per far vedere le potenzialità delle funivie e da contrapporre alla funivia Casalotti-Battistini: la funivia F1 Medaglie d’Oro-Clodio, la funivia F2 Mascagni-Val d’Ala, la F3 Centro Rai - Ospedale Sant’Andrea. 

1. FUNIVIA F1 MEDAGLIE D’ORO-CLODIO

In questo caso la scelta della funivia può essere ottimale poiché il dislivello altimetrico tra la stazione di partenza e quella di arrivo è di circa 100m su una lunghezza di 800m di impianto su un terreno morfologicamente complesso e difficile da attraversare in altro modo. Grazie a questo impianto si potrebbe collegare al nodo di scambio su gomma di Clodio una porzione molto difficile da servire come l’area nord della Balduina con un servizio integrabile in futuro alla Metro C che, nel caso di costruzione di un impianto di questo tipo, si potrebbe flettere più verso Clodio che Mazzini, permettendo così alla funivia una forte utilità nell’adduzione alla linea metropolitana ed un allargamento del bacino d’utenza della stessa.

Molto importante è qui anche l’interesse turistico dell’opera che permetterebbe una vista d’eccezione su Roma ed il Vaticano.


Il costo dell’intervento, con portata di 3000p/h e cabine da 16 posti dovrebbe aggirarsi intorno ai 10 milioni di euro, secondo i calcoli parametrici effettuati tramite il prontuario messo a disposizione dalla provincia di Bolzano. 


2. FUNIVIA F2 MASCAGNI-VAL D’ALA (FS)

Anche in questo caso abbiamo un intervento che si colloca in un quadro morfologico complesso, con un fiume, un dislivello altimetrico non eccessivo ma con diversi pendii scoscesi e diverse infrastrutture difficilmente valicabili da terra. L’attività di adduzione qui è predominante e potrebbe risollevare le sorti della stazione Val d’Ala della FL1, chiusa purtroppo da diverso tempo perché poco utilizzata ma che con l’allargamento del bacino di utenza tramite la funivia potrebbe mostrare la sua utilità. 

Inoltre la funivia permetterebbe agli abitanti del quartiere Trieste di fruire agevolmente delle aree verdi del Parco Valle dell’Aniene e migliorerebbe di molto l’accessibilità pedonale tra i quartieri Trieste e Montesacro, distanti solo 400 metri in linea d’aria ma per connessi tra loro solo tramite le due grandi direttrici automobilistiche di Via delle Valli e Via Nomentana. 

Per circa 400 metri di impianto il costo complessivo è di 8 milioni di euro, con una portata 2500 p/h e cabine 16 posti, calcolato secondo il prontuario fornito dalla provincia di Bolzano. 


3. FUNIVIA F3 CENTRO RAI - SANT’ANDREA

Nel terzo ed ultimo caso la funivia è dedicata ad un servizio ad hoc, caratteristica frequente per i sistemi ettometrici, per collegare l’ospedale Sant’Andrea alla stazione Centro Rai della ferrovia Flaminio-Montebello. Un sistema a fune è presente ad esempio anche a Milano per collegare la M2 al San Raffaele. Anche qui la morfologia del terreno presenta diversi dislivelli, in particolare il primo a ridosso della via Flaminia e della Ferrovia, anch’esse facilmente superabili con la funivia, che poi proseguirebbe sino all’ospedale lungo un percorso di 1,8km complessivi. 

Il costo complessivo, con cabine a 8 posti, si aggira intorno ai 10 milioni di €. 


Immaginare buone funivie, quindi, è possibile. Basta volerlo e non ostinarsi con progetti incerti e propagandistici come quelli purtroppo presenti tra gli invarianti del redigendo PUMS. Ciascun mezzo ha le sue peculiarità ed applicazioni: occorre scegliere il mezzo giusto per il posto giusto.



Testo e foto a cura di Riccardo Pagano

martedì 11 luglio 2017

Quando il saggio indica la luna, lo stolto guarda il dito - Perché non sosterrò il referendum dei Radicali

In questi giorni mi avete chiesto, in maniera più o meno caparbia, la mia posizione sul quesito referendario lanciato dai Radicali da un paio di mesi a questa parte. Prima però di arrivare al sodo, ovverosia la mia posizione contraria, penso sia doveroso fare una breve disamina sull’argomento.



La questione di "liberalizzare" il settore del Trasporto Pubblico nasce normativamente con l'approvazione del Regolamento (CE) N.1370/2007, valido a partire dal 3 dicembre 2019, relativo ai servizi pubblici di trasporto di passeggeri su strada e per ferrovia. Il regolamento europeo si pone l'obiettivo di garantire la fornitura di servizi di interesse generale che siano di migliore qualità o offerti a prezzi inferiori a quelli che il semplice gioco delle forze del mercato consentirebbe di fornire: non solo quindi trasporto urbano e metropolitano, ma anche ferroviario e marittimo a livello nazionale. In particolare l'articolo 5, relativo all'aggiudicazione dei contratti, disciplina come l'autorità competente deve porsi se intende mettere a gara il servizio con terzi diversi da un operatore interno. Già questo fa capire che il regolamento non pone l'obbligo della messa in gara del trasporto pubblico, ma consente alla pubblica amministrazione la prosecuzione della gestione ad un soggetto giuridicamente distinto su cui l’autorità competente a livello locale su cui esercita un controllo analogo a quello che esercita sulle proprie strutture. Ciò è valido solo è rispettato il comma 2 dell'articolo 5.

Il referendum dei Radicali.
"Volete voi che, a decorrere dal 3 dicembre 2019, Roma Capitale affidi tutti i servizi relativi al trasporto pubblico locale di superficie e sotterraneo ovvero su gomma e su rotaia mediante gare pubbliche, anche a una pluralità di gestori e garantendo forme di concorrenza comparativa, nel rispetto della disciplina vigente a tutela della salvaguardia e la ricollocazione dei lavoratori nella fase di ristrutturazione del servizio?"
In sostanza il referendum si pone l'obiettivo di superare l'affidamento in house mettendo a gara tutti i servizi di trasporto pubblico relativi al Comune di Roma: autobus, tram, filobus e metropolitane, con l'esclusione delle ferrovie concesse Roma-Lido, Roma-Civita Castellana- Viterbo, Roma-Centocelle-Giardinetti, delle ferrovie regionali e degli autobus extraurbani Cotral, che sono di competenza strettamente regionale.
La raccolta firme ha preso il via il 10 maggio. Per condurre in porto la campagna e’ necessario raccoglierne circa 30mila (pari all’1% della popolazione residente) in tre mesi. 

La (dis)funzionalità urbanistica di Roma.
Roma è una città con un territorio di circa 1300 kmq abitato da quasi 3 milioni di abitanti, nell'area metropolitana invece sono contenuti circa 4,3 milioni di abitanti in 5.352 kmq (anche se c'è da dire che i confini dell'area metropolitana non sono mai stati precisamente definiti). È ben noto come la città sia prevalentemente cresciuta a partire dagli anni '60 con un'urbanistica scarsamente controllata, votata al consumo incontrollato del suolo. Se da una parte la città è cresciuta sostanzialmente su un piano orizzontale (due dimensioni), il trasporto pubblico, che già parte con lo svantaggio di potersi muovere esclusivamente per linee (una dimensione), non è stato adeguatamente sostenuto dalle politiche locali. Di fatto Roma ha una densità abitativa, pari ad appena 2 232,16 ab./kmq, contro una densità abitativa di Milano di 7 533,38 ab./kmq. Il TPL romano trasporta circa 1258,1 milioni di passeggeri contro i 611,5 di ATM Milano. Inoltre, Roma trasporta questi passeggeri percorrendo 10.268.612 km, ben più di Milano che ne percorre 7.776.445 km.

Per capire quanto Roma sia urbanisticamente disfunzionale basti pensare che tra il Lido di Ostia ed il GRA c'é la stessa distanza che divide Livorno da Pisa e che tra il GRA ed il Centro c'é la stessa distanza che divide Pisa da Lucca.

Già queste informazioni fanno riflettere: anche ammettendo che ATAC non sia stata utilizzata in passato come serbatoio di voti, con tutte le parentopoli e gli scandali del caso, riuscirebbe a esercire un servizio discreto ai cittadini romani?
Alla fine della fiera se l'autobus è nuovo o vecchio, è di un gestore o di un altro, se non gode di un percorso protetto rimarrà sempre bloccato nel traffico. E se i flussi di trasporto più grandi continueranno ad essere serviti con gli autobus, una certezza visti anche gli invarianti del redigendo PUMS, questi flussi certamente continueranno ad essere mal serviti.

Il (non) monopolio di ATAC.
Differentemente da quanto di potrebbe pensare, ATAC non ha affatto il monopolio del trasporto pubblico romano. Tolti i servizi urbani forniti da Cotral e Trenitalia, già dall’anno 2000, il Comune di Roma ha messo a gara parte della rete autobus per circa il 20% del totale. Infatti, in caso di affidamento in house, è previsto dalla normativa europea che almeno il 10% del servizio sia comunque messo a gara. Tendenzialmente nelle grandi città europee, dove il servizio si basa prevalentemente sul ferro, questo 10% sono le linee su gomma di superficie dei servizi più periferici, con scarso rendimento economico per il gestore pubblico, ma che diventano molto redditizie per il privato perché affidate in gross cost, una modalità di affidamento nella quale indipendentemente dal numero di passeggeri l’esercente riceve una cifra pattuita rispetto alle corse effettuate. La suddetta quota è attualmente gestita, per quanto riguarda Roma, dal consorzio Roma TPL in virtù di un contratto di servizio in gross cost stipulato nel 2010 e con validità fino al 2018 (tant'è che è notizia di qualche giorno fa il preavviso sulla nuova gara).
Dire che questo contratto sia stato scritto con i piedi è lapalissiano perché, come già sollevato dall'attuale presidente della Comm.Mobilità Stefàno non solo non c'è l'obbligo di verifica dei biglietti, ma la divulgazione delle informazioni sul servizio, linee, percorsi e tempi di attesa dei mezzi è realizzata dall’Agenzia della Mobilità e non c'è praticamente rischio di impresa.
Alla stessa maniera l’ATAC, come già sollevato più volte dal Comitato Pendolari Roma-Lido, nella gestione dell'omonima ferrovia, per garantire le 180 corse/giorno (che sono un parametro di qualità del servizio), cerca di recuperare le corse non effettuate nell'ora di punta durante le morbida.
In sostanza, il fatto che l'esercente sia pubblico o privato non è minimamente correlato alla qualità del servizio. Tutto risiede nella qualità del contratto di servizio e della relativa carta dei servizi che dovrebbe essere rilasciata al pubblico ogni anno.

Il risanamento di ATAC è una missione (im)possibile.
Non essendo un esperto di economia aziendale, posso colmare la mia ignoranza in questo ambito ricorrendo ad esempi già noti e limitandomi ad alcune osservazioni di massima.

ATAC è attualmente in debito per 1,1 miliardi di euro (in progressiva riduzione, visto gli 1,5 miliardi di debiti nel 2015 scesi a 1,3 nel 2016), con una perdita nel bilancio al 2014 pari a poco più di 141 milioni di euro e di circa 80 milioni di euro nel bilancio 2015. Anche la produzione chilometrica è diminuita dai 150,35 milioni di vetture/km del 2015 rispetto a 153,78 mln di vetture/km del 2014. Sono ancora attesi i dati del bilancio 2016. Di contro CoTraL, nel 2014, aveva un’esposizione debitoria di 347 milioni, mentre ad oggi il debito è di circa 170 milioni. In particolare il bilancio del 2015 si è chiuso con un utile di 240 mila euro (un sostanziale e importante pareggio di bilancio) mentre il bilancio di esercizio 2016 di CoTraL Spa si è chiuso con un utile di circa 8 milioni di euro. Già sono pianificati importanti investimenti per i prossimi anni, che porteranno nei depositi aziendali 420 nuovi autobus e qualche centinaio di nuovi autisti. Una novità dell'immediato futuro si avrà con l'inizio dell'anno scolastico 2017-2018, nel quale sarà sperimentata la salita esclusivamente dalla porta anteriore con il controllo dell'autista bigliettaio. Seppur sia vero che il confronto ATAC-CoTraL è difficile da porsi sia in termini di quantità e modi del servizio erogato, è chiaro il netto stacco che c'è tra un'azienda in concreto cambiamento con un'azienda che "vive" alla giornata. Personalmente ritengo che non esista un debito che non sia riassorbibile o una situazione tecnicamente non gestibile, come dimostra il grande piano di risanamento del debito di Roma (per un valore di 12 miliardi di euro che terminerà solo nel 2048): ciò che serve è una politica forte supportata da tecnici capaci. In questo senso le partecipate sono lo specchio delle politiche che si stanno attuando a livello regionale e a livello comunale, ed è alla politica che bisogna chiedere conto di ciò che si sta facendo.

Conclusioni.
Il problema dei trasporti di Roma è quindi attribuibile al monopolio di ATAC? Per me assolutamente no.
I trasporti a Roma non funzionano principalmente per una politica che negli anni ha distrutto il territorio, diluendo la città su centinaia di chilometri quadrati, non ha investito sulle infrastrutture, quindi tram, metropolitane e corsie preferenziali, e ha utilizzato l'azienda come un bancomat elettorale.
Secondo me dovremmo esigere di più dalla politica che è salita in Campidoglio con lo slogan #CambiamoTutto, anziché farsi convincere da una argomentazione così spicciola, banale, pregna di fallacie e così spudoratamente fondata solo su slogan, "pancia" e paragoni mal riusciti con altre capitali.

Un ringraziamento speciale va a Riccardo Pagano per la fattiva collaborazione e la preziosa revisione, nonché per alcuni passi indebitamente copiati dai suoi interessantissimi stati (tra cui il finale).