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martedì 11 luglio 2017

Quando il saggio indica la luna, lo stolto guarda il dito - Perché non sosterrò il referendum dei Radicali

In questi giorni mi avete chiesto, in maniera più o meno caparbia, la mia posizione sul quesito referendario lanciato dai Radicali da un paio di mesi a questa parte. Prima però di arrivare al sodo, ovverosia la mia posizione contraria, penso sia doveroso fare una breve disamina sull’argomento.



La questione di "liberalizzare" il settore del Trasporto Pubblico nasce normativamente con l'approvazione del Regolamento (CE) N.1370/2007, valido a partire dal 3 dicembre 2019, relativo ai servizi pubblici di trasporto di passeggeri su strada e per ferrovia. Il regolamento europeo si pone l'obiettivo di garantire la fornitura di servizi di interesse generale che siano di migliore qualità o offerti a prezzi inferiori a quelli che il semplice gioco delle forze del mercato consentirebbe di fornire: non solo quindi trasporto urbano e metropolitano, ma anche ferroviario e marittimo a livello nazionale. In particolare l'articolo 5, relativo all'aggiudicazione dei contratti, disciplina come l'autorità competente deve porsi se intende mettere a gara il servizio con terzi diversi da un operatore interno. Già questo fa capire che il regolamento non pone l'obbligo della messa in gara del trasporto pubblico, ma consente alla pubblica amministrazione la prosecuzione della gestione ad un soggetto giuridicamente distinto su cui l’autorità competente a livello locale su cui esercita un controllo analogo a quello che esercita sulle proprie strutture. Ciò è valido solo è rispettato il comma 2 dell'articolo 5.

Il referendum dei Radicali.
"Volete voi che, a decorrere dal 3 dicembre 2019, Roma Capitale affidi tutti i servizi relativi al trasporto pubblico locale di superficie e sotterraneo ovvero su gomma e su rotaia mediante gare pubbliche, anche a una pluralità di gestori e garantendo forme di concorrenza comparativa, nel rispetto della disciplina vigente a tutela della salvaguardia e la ricollocazione dei lavoratori nella fase di ristrutturazione del servizio?"
In sostanza il referendum si pone l'obiettivo di superare l'affidamento in house mettendo a gara tutti i servizi di trasporto pubblico relativi al Comune di Roma: autobus, tram, filobus e metropolitane, con l'esclusione delle ferrovie concesse Roma-Lido, Roma-Civita Castellana- Viterbo, Roma-Centocelle-Giardinetti, delle ferrovie regionali e degli autobus extraurbani Cotral, che sono di competenza strettamente regionale.
La raccolta firme ha preso il via il 10 maggio. Per condurre in porto la campagna e’ necessario raccoglierne circa 30mila (pari all’1% della popolazione residente) in tre mesi. 

La (dis)funzionalità urbanistica di Roma.
Roma è una città con un territorio di circa 1300 kmq abitato da quasi 3 milioni di abitanti, nell'area metropolitana invece sono contenuti circa 4,3 milioni di abitanti in 5.352 kmq (anche se c'è da dire che i confini dell'area metropolitana non sono mai stati precisamente definiti). È ben noto come la città sia prevalentemente cresciuta a partire dagli anni '60 con un'urbanistica scarsamente controllata, votata al consumo incontrollato del suolo. Se da una parte la città è cresciuta sostanzialmente su un piano orizzontale (due dimensioni), il trasporto pubblico, che già parte con lo svantaggio di potersi muovere esclusivamente per linee (una dimensione), non è stato adeguatamente sostenuto dalle politiche locali. Di fatto Roma ha una densità abitativa, pari ad appena 2 232,16 ab./kmq, contro una densità abitativa di Milano di 7 533,38 ab./kmq. Il TPL romano trasporta circa 1258,1 milioni di passeggeri contro i 611,5 di ATM Milano. Inoltre, Roma trasporta questi passeggeri percorrendo 10.268.612 km, ben più di Milano che ne percorre 7.776.445 km.

Per capire quanto Roma sia urbanisticamente disfunzionale basti pensare che tra il Lido di Ostia ed il GRA c'é la stessa distanza che divide Livorno da Pisa e che tra il GRA ed il Centro c'é la stessa distanza che divide Pisa da Lucca.

Già queste informazioni fanno riflettere: anche ammettendo che ATAC non sia stata utilizzata in passato come serbatoio di voti, con tutte le parentopoli e gli scandali del caso, riuscirebbe a esercire un servizio discreto ai cittadini romani?
Alla fine della fiera se l'autobus è nuovo o vecchio, è di un gestore o di un altro, se non gode di un percorso protetto rimarrà sempre bloccato nel traffico. E se i flussi di trasporto più grandi continueranno ad essere serviti con gli autobus, una certezza visti anche gli invarianti del redigendo PUMS, questi flussi certamente continueranno ad essere mal serviti.

Il (non) monopolio di ATAC.
Differentemente da quanto di potrebbe pensare, ATAC non ha affatto il monopolio del trasporto pubblico romano. Tolti i servizi urbani forniti da Cotral e Trenitalia, già dall’anno 2000, il Comune di Roma ha messo a gara parte della rete autobus per circa il 20% del totale. Infatti, in caso di affidamento in house, è previsto dalla normativa europea che almeno il 10% del servizio sia comunque messo a gara. Tendenzialmente nelle grandi città europee, dove il servizio si basa prevalentemente sul ferro, questo 10% sono le linee su gomma di superficie dei servizi più periferici, con scarso rendimento economico per il gestore pubblico, ma che diventano molto redditizie per il privato perché affidate in gross cost, una modalità di affidamento nella quale indipendentemente dal numero di passeggeri l’esercente riceve una cifra pattuita rispetto alle corse effettuate. La suddetta quota è attualmente gestita, per quanto riguarda Roma, dal consorzio Roma TPL in virtù di un contratto di servizio in gross cost stipulato nel 2010 e con validità fino al 2018 (tant'è che è notizia di qualche giorno fa il preavviso sulla nuova gara).
Dire che questo contratto sia stato scritto con i piedi è lapalissiano perché, come già sollevato dall'attuale presidente della Comm.Mobilità Stefàno non solo non c'è l'obbligo di verifica dei biglietti, ma la divulgazione delle informazioni sul servizio, linee, percorsi e tempi di attesa dei mezzi è realizzata dall’Agenzia della Mobilità e non c'è praticamente rischio di impresa.
Alla stessa maniera l’ATAC, come già sollevato più volte dal Comitato Pendolari Roma-Lido, nella gestione dell'omonima ferrovia, per garantire le 180 corse/giorno (che sono un parametro di qualità del servizio), cerca di recuperare le corse non effettuate nell'ora di punta durante le morbida.
In sostanza, il fatto che l'esercente sia pubblico o privato non è minimamente correlato alla qualità del servizio. Tutto risiede nella qualità del contratto di servizio e della relativa carta dei servizi che dovrebbe essere rilasciata al pubblico ogni anno.

Il risanamento di ATAC è una missione (im)possibile.
Non essendo un esperto di economia aziendale, posso colmare la mia ignoranza in questo ambito ricorrendo ad esempi già noti e limitandomi ad alcune osservazioni di massima.

ATAC è attualmente in debito per 1,1 miliardi di euro (in progressiva riduzione, visto gli 1,5 miliardi di debiti nel 2015 scesi a 1,3 nel 2016), con una perdita nel bilancio al 2014 pari a poco più di 141 milioni di euro e di circa 80 milioni di euro nel bilancio 2015. Anche la produzione chilometrica è diminuita dai 150,35 milioni di vetture/km del 2015 rispetto a 153,78 mln di vetture/km del 2014. Sono ancora attesi i dati del bilancio 2016. Di contro CoTraL, nel 2014, aveva un’esposizione debitoria di 347 milioni, mentre ad oggi il debito è di circa 170 milioni. In particolare il bilancio del 2015 si è chiuso con un utile di 240 mila euro (un sostanziale e importante pareggio di bilancio) mentre il bilancio di esercizio 2016 di CoTraL Spa si è chiuso con un utile di circa 8 milioni di euro. Già sono pianificati importanti investimenti per i prossimi anni, che porteranno nei depositi aziendali 420 nuovi autobus e qualche centinaio di nuovi autisti. Una novità dell'immediato futuro si avrà con l'inizio dell'anno scolastico 2017-2018, nel quale sarà sperimentata la salita esclusivamente dalla porta anteriore con il controllo dell'autista bigliettaio. Seppur sia vero che il confronto ATAC-CoTraL è difficile da porsi sia in termini di quantità e modi del servizio erogato, è chiaro il netto stacco che c'è tra un'azienda in concreto cambiamento con un'azienda che "vive" alla giornata. Personalmente ritengo che non esista un debito che non sia riassorbibile o una situazione tecnicamente non gestibile, come dimostra il grande piano di risanamento del debito di Roma (per un valore di 12 miliardi di euro che terminerà solo nel 2048): ciò che serve è una politica forte supportata da tecnici capaci. In questo senso le partecipate sono lo specchio delle politiche che si stanno attuando a livello regionale e a livello comunale, ed è alla politica che bisogna chiedere conto di ciò che si sta facendo.

Conclusioni.
Il problema dei trasporti di Roma è quindi attribuibile al monopolio di ATAC? Per me assolutamente no.
I trasporti a Roma non funzionano principalmente per una politica che negli anni ha distrutto il territorio, diluendo la città su centinaia di chilometri quadrati, non ha investito sulle infrastrutture, quindi tram, metropolitane e corsie preferenziali, e ha utilizzato l'azienda come un bancomat elettorale.
Secondo me dovremmo esigere di più dalla politica che è salita in Campidoglio con lo slogan #CambiamoTutto, anziché farsi convincere da una argomentazione così spicciola, banale, pregna di fallacie e così spudoratamente fondata solo su slogan, "pancia" e paragoni mal riusciti con altre capitali.

Un ringraziamento speciale va a Riccardo Pagano per la fattiva collaborazione e la preziosa revisione, nonché per alcuni passi indebitamente copiati dai suoi interessantissimi stati (tra cui il finale).

6 commenti:

  1. Analisi chiara e precisa che mi sento di condividere a totalmente, senza aggiungere altro. E purtroppo un redigendo PUMS, con scarsa attitudine al ferro non fa ben sperare. Del resto Radicali e 5 stelle sulla metro C hanno le stesse idee.

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  2. Sono OT, fino ad un certo punto, ma ieri finalmente, sono iniziati i lavori di cantierizzazione, di Pigneto FL!

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  3. Ho firmato, ma sono esattamente le stesse obiezioni fatte al banchetto della raccolta firme dove dicevo che Roma ha bisogno di una politica infrastrutturale più che semplicemente gestionale dei trasporti. Quello che serve sono appunto investimenti su ferro correlati ad una visione del territorio. Ridurre semplicemente la questione al binomio pubblico/privato non coglie la centralità del problema

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  4. Viaggiate di più, guardate come Parigi, Londra, Berlino, ... , tutte le capitali e le grandi città europee, anche quelle che hanno avuto come Roma uno sviluppo urbanistico scriteriato, hanno comunque ora nel 2017 una rete efficiente di trasporto pubblico. Chiedetevi perché. E se possiamo imitarle, umilmente.

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  5. Interessante, ma si può paragonare il debito da più di 1 miliardo di Atac con quello di Cotral? Si può mettere sullo stesso piano con il debito di Roma? Roma non può fallire, è ovvio che s faccia un piano anche centenario di rientro. L'alternativa non esiste, privatizzi Roma??? Altra obiezione: siccome Roma è cresciuta in maniera scriteriata (e siamo d'accordo) il privato non può nulla, ma di conseguenza manco il pubblico. Si può pensare che da una parte la politica, il comune possa pensare ad un piano per aumentare le corsie preferenziali, investire sui tram e contestualmente aprire ai privati per spezzare i legami atavici con la politica che rendono Atac un postificio? Si può pensare di aprire ai privati mettendo dei paletti, e magari aprire non ad un solo privato (come avviene a Londra con i Bus) ? Si faccia il referendum poi sulla base dell'esito la politica può indirizzare questo percorso, o no?

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  6. Caro treninoblu, con grande ritardo provo a rispondere alla tua interessante riflessione sul referendum promosso dai Radicali.
    Una volta tanto non sono del tutto allineato.
    Parto dal punto condiviso: il problema del trasporto pubblico nasce dalla pessima pianificazione e controllo del servizio. Se un contratto di servizio è scritto male o, come nel caso delle ferrovie concesse, assente (a proposito hai a disposizione quello firmato a fine maggio?) e, soprattutto, non ne sono attuate le prescrizioni e penali, è molto probabile che il servizio sia pessimo a prescindere dal gestore (l'esperienza vissuta con Roma TPL insegna!). Ergo non è sostituendo atac con una azienda privata che si risolve il problema del trasporto pubblico a Roma. Per cambiare veramente ci vuole una rivoluzione culturale della politica (concordo a pieno) e, aggiungo, dei cittadini che hanno il diritto/dovere di partecipare.
    Ciò detto vale però la pena cercare di capire se la liberalizzazione del servizio di trasporto pubblico possa andare nella direzione di un miglioramento o no.
    Io propendo per il sì, ma ammetto che la valutazione è complessa e non ho la pretesa di indicare la luna né di avere soluzioni a buon mercato.
    A mio parere Tra gli effetti positivi c'è il fatto di chiamare soggetti terzi a porre la loro attenzione sul trasporto romano e, conseguentemente, a stimolarne pianificazione e controllo. In questo senso si può pensare all'effetto positivo del project finance di RATP: il progetto presentato è alla base del Patto per il Lazio e dei 180 milioni che, sebbene spariti, costituiscono l'unica reale speranza di rilancio del treno roma-lido.
    In secondo luogo la necessità di dover mettere a gara il trasporto pubblico potrebbe stimolare una progressiva professionalizzazione dell'ente appaltante nello scrivere bandi, nel redigere contratti e nel controllarne l'attuazione.
    In effetti la messa a bando del servizio non escluderebbe i soggetti pubblici dall'assegnazione dell'appalto ma renderebbe periodicamente contendibile da altri soggetti ciò che attualmente è gestito in una logica di monopolio. A questo proposito apprezzai molto Rettighieri quando, parlando della proposta di project finance di RATP (incontro con il comitato pendolari a luglio 2016), dichiarò che Atac aveva preparato un progetto ancora più interessante per la Regione ed era pronta a confrontarsi con il raggruppamento di imprese guidato dalla società francese.

    Una gestione pubblica efficiente è senz'altro l'obiettivo a cui traguardare (i profitti di cui vive il privato potrebbero essere convertiti in una riduzione della tariffa o reinvestiti nel servizio) ma la domanda è come arrivarci. Io sono convinto che sia un percorso lungo che richiede un'evoluzione culturale: siamo una società basata sulla competizione e, purtroppo, sempre più individualista. In questa matrice sociale penso sia molto facile che il monopolio pubblico nei servizi (quello della proprietà spero davvero che nessuno lo metta in discussione) degeneri in situazioni di rendita e di inefficienza. Se il lavoro e lo stipendio sono garantiti a prescindere dall'efficienza del servizio che offro è più facile che la qualità e la produttività del mio lavoro tenda a ridursi sensibilmente. E da situazioni di monopolio potrebbero trarne vantaggio non solo dirigenti e impiegati ma anche soggetti privati, primi tra tutti le banche che aprono volentieri i cordoni della borsa "tanto le aziende pubbliche non possono fallire".
    Affidare un servizio a un'azienda privata è, secondo me, tanto rischioso quanto affidarlo a un'azienda pubblica in regime di monopolio: aprire l'affidamento a più soggetti pubblici e privati mediante procedura pubblica può essere una buona soluzione che può stimolare politica e aziende ad adottare pratiche più virtuose.
    Probabilmente queste considerazioni non sposteranno le tue convinzioni, ma spero possano fornire un contributo alla discussione!

    A presto

    Matteo (matbarile)

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